Dopo aver parlato di Verità, veridicità e Smettere di scappare nel precedente post, eccomi a te con la seconda pillola di come lo yoga ha influito sulla mia vita.
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Il denaro e l’avidità
Un aspetto che condiziona la vita di molti, inclusa la mia, è la gestione dei soldi.
Sono stato educato da genitori con un buon reddito - mio padre dirigente in multinazionale italiana, poi promotore finanziario; mia madre educatrice e direttrice di scuola materna - e particolarmente inclini all’accumulo di risparmi, realizzato mediante una attenta (e spesso febbrile) attenzione e limitazione delle spese.
Tale attitudine rispecchiava (e in parte rispecchia ancora) anche il mio rapporto con il denaro.
Sono grato di aver convissuto con compagne che mi hanno fatto notare questa mia tirchieria e/o eccessiva attenzione nello spendere, cosicchè un po’ alla volta me ne sono reso conto anch’io, apportando le opportune correzioni.
Lo yoga mi sta dando ulteriore spinta nella direzione di maggiore generosità, facendomi realizzare che i soldi non sono null’altro che accumulo di energia e che tenere bloccata questa forma di energia non fa bene a nessuno. Inoltre ho sprazzi sempre più ampi di comprensione sul concetto di oneness, che approfondirò in seguito.
Più in generale, ho compreso che qualsiasi attaccamento mi preclude la libertà e la possibilità di apprendere verità superiori.
Equanimità
La prima volta che ho riflettuto sull’equanimità, termine a me prima d’allora sconosciuto, è stato durante il mio primo ritiro di meditazione vipassana, durante il quale ho conosciuto e apprezzato la filosofia buddista trasmessa da S. N. Goenka e in cui trovo per gran parte precisa corrispondenza con il buddismo tibetano trasmessomi dalla mia insegnante di yoga tibetano.
Gli yoga-sutra di Patanjali spiegano che tutti i piaceri e le gioie di natura emotiva che si sperimentano devono essere abbandonati mantenendo un atteggiamento equanime, ovvero:
- riconoscere che tali emozioni non significano nulla per me;
- accettando qualsiasi dolore, rifiutandomi di definire tale sensazione come dolore e qualsiasi sensazione di euforia come gioia.
Foto auto-prodotta da me medesimo
L’anno scorso, durante alcuni lunghi interventi di implantologia dentaria in cui l’anestesia non aveva fatto effetto - o in altre occasioni in cui non era proprio stata fatta - sono riuscito a mantenermi equanime grazie alla consapevole che il dolore era solo una sensazione, riuscendo così a sopportare tale sensazione ed evitando di chiedere l’intervento del dentista.
Parimenti, quando durante la visita del corpo esanime di mio padre nella gelida camera mortuaria alcuni ricordi mi avevano emozionato facendomi esplodere un copioso pianto, ho ritrovato centratura pensando alla felicità e alla pace che presto avrebbe trovato la sua anima fuori dalla prigionia del suo corpo fisico, fonte di sua sofferenza fisica e mentale durante gli ultimi anni della sua vita e soprattutto durante i sei mesi di degenza con parte sinistra del suo corpo completamente paralizzata in conseguenza di un ictus.
Se dovessi definire il termine equanimità, direi che è l’attitudine a mantenere un distacco emotivo, a non reagire o saper mantenere distacco da rabbia e gioia, non attaccamento alle sensazioni con lo scopo di mantenersi centrati, così da non accumulare ulteriore karma.
Per questa "puntata" è tutto: prossimamente tratterò i seguenti aspetti: Vita & Morte, Vortici mentali, Mantra (e Kirtan), Unità e oneness, Distrazioni e attrazioni.
Cosa ti ha colpito maggiormente in questo post?
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Un caro abbraccio, con molta gratitudine per la vostra preziosa e apprezzata amicizia e... a presto, con la prossima "pillola" di antica cultura e scienza vedica! 🤗